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13 Giu 2018

Agricoltura, 5000 giovani bloccati da burocrazia Sicilia. Coldiretti: “Ferme le richieste per avviare un’azienda”

L’allarme: rimpallo di responsabilità fra Regione e Agea. “Si attendono ancora i pagamenti degli anni scorsi”.

Sono 4.600 i giovani che hanno presentato la richiesta di “insediamento” che dall’anno scorso aspettano ancora di sapere se potranno o no avviare la propria azienda in Sicilia. E’ la denuncia di Coldiretti Sicilia riguardo “l’andamento lento” del Programma di sviluppo rurale che da trampolino di crescita si sta trasformando in un labirinto burocratico. Si tratta di milioni di euro che potrebbero davvero costituire la svolta per gli under 40 – sottolinea ancora Coldiretti. La misura 6.1, però, non è la sola a rimanere senza risposte: “ancora più eclatante” è la 4.1 (sostegno agli investimenti alle aziende agricole) il cui iter è partito il 14 dicembre 2016 con la pubblicazione del bando e ad oggi la graduatoria è ancora provvisoria: si tratta di altri 100 milioni di euro messi a bando “che rimangono parcheggiati”, denuncia Coldiretti Sicilia, che aggiunge: altri 224 milioni sono fermi sulle misura 10 (pagamenti agro-climatico-ambientali). Ma “il piatto forte dell’inefficienza della macchina burocratica” riguarda la misura 11 (agricoltura biologica) con una dotazione finanziaria iniziale di 417 milioni.
Ad oggi per il bando per il 2015 è stato pagato circa il 50 per cento dei produttori ma sola prima annualità e cioè il 2015. In sostanza, non sono stati dati neanche i tutti i soldi del cosiddetto trascinamento e cioè quelli spettanti per gli anni scorsi. Intanto si rimpallano le responsabilità tra Regione e Agea. Tanti interrogativi riguardano anche la concertazione su altri temi emergenti del settore come per esempio l’Ocm vino. Nonostante l’incontro in assessorato, in cui tutte le parti hanno indicato le azioni da mettere in campo, ci si è ritrovati con un bando che non risponde alle esigenze del territorio. Infine, è passato un anno dagli incendi che hanno devastato l’Isola, “ma manca ancora un piano particolareggiato di difesa dell’ambiente e del territorio”. Di fronte a queste situazioni Coldiretti lancia ancora una volta l’allarme sulle conseguenze che i ritardi possono determinare. Domani, durante l’incontro dei quadri dirigenti della Sicilia, che si svolgerà a Palermo, saranno approfondite le azioni da mettere in campo per la tutela degli imprenditori agricoli.

Articolo tratto da Repubblica.it

11 Feb 2018

Tutela produzioni agricole siciliane, Coldiretti: “Necessaria promozione e sostegno prodotti locali”

“L’imposizione di prodotti regionali da commercializzare è anticostituzionale e chiunque prometta iniziative di questo genere, addirittura imponendo per legge che nella grande distribuzione il 50 per cento dei prodotti siano siciliani, lo fa perché è in campagna elettorale. Nessuna norma regionale o nazionale può stabilire percentuali simili”.

E’ quanto afferma Coldiretti Sicilia in riferimento alle dichiarazioni seguite allo scandalo del pomodoro pachino importato e venduto nel paese siracusano e ai conseguenti disegni di legge regionali indicati da alcuni deputati all’Ars che innestano solo false speranze.

“Di diversa naturale è la promozione e il sostegno alle produzioni agricole e alimentari dei piccoli comuni anche in forma associata per garantire il consumo e la commercializzazione dei prodotti – prosegue -. Il made in Sicilia è un brand che va consolidato anche grazie alla legge n. 158 del 2017 consente proprio ai piccoli comuni che rappresentano il tessuto agricolo siciliano, di agire anche in forma associata per tutelare la filiera corta. Se la difesa di produzioni regionali con un eventuale ‘obbligo’ di commercializzare le produzioni locali lede i principi di libero scambio e quindi non può essere attuata, per Coldiretti Sicilia sono possibili soluzioni alternative attraverso la registrazione di marchi di qualità regionali il cui utilizzo deve essere garantito a qualsiasi produttore residente nell’Unione europea che rispetti il regolamento e le condizioni di qualità fissate nel disciplinare di produzione, al fine di assicurare il rispetto del principio di libera concorrenza tra gli Stati membri dell’UE. Contro gli accordi come il Ceta che limitano le esportazioni di prodotti riconosciuti e permettono l’ingresso nel nostro Paese occorre reagire aggregando le produzioni e differenziandole. Nel libero mercato – conclude Coldiretti Sicilia – la tracciabilità e l’identificazione sono vincenti”.

Articolo tratto da BlogSicilia.it

12 Gen 2018

Sicilia al top per specialità Dop e Igp: ecco quali sono i borghi gourmet

L’isola è la prima nel Sud Italia secondo uno studio di Coldiretti/Symbola su «Piccoli comuni e tipicità»

La Sicilia conquista il primo posto tra le regioni del Sud con il maggior numero di prodotti Dop e Igp che in 8 casi su 10 nascono sul territorio dei piccoli comuni. Due le specialità che rappresentano il risultato esclusivo di queste realtà sotto i cinquemila abitanti, di cui hanno ereditato anche il nome geografico: la pesca di Bivona e il salame Sant’Angelo.

«I piccoli Comuni – commenta il presidente regionale Coldiretti Sicilia, Francesco Ferreri – rappresentano opportunità straordinarie per far conoscere il paniere di specialità di cui sono ricche ma al basso costo della vita, all’aria pura, alle varie opportunità di crescita che derivano proprio dall’agricoltura si contrappone la carenza infrastrutturale. L’agricoltura rimane la carta vincente di queste realtà che vanno valorizzate incentivando attività imprenditoriali che mirano alla realizzazione di progetti di crescita». Anche le isole più piccole, come ad esempio quella palermitana di Ustica, nel cuore del mar Tirreno, hanno legato il loro nome a prodotti esclusivi. E’ il caso delle minuscole e laviche lenticchie di cui vanno fieri i 1308 abitanti dell’isola.

Le opportunità di lavoro per i giovani, e un pezzo di futuro dell’economia italiana, si snodano tra le lenticchie di Altamura, iscritte ieri nel registro delle denominazioni di origine protette, le vigne, gli oliveti, e le colture di carciofo viola a Montelupone nel cratere del sisma del Centro Italia. «I Piccoli comuni producono il 92% dei prodotti tipici – ha detto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – e dalla valorizzazione di questi tesori enogastronomici dipendono molte delle opportunità di lavoro dei 3,9 milioni di giovani under 40 che hanno scelto di non abbandonare gli antichi borghi». Nella legge di bilancio, per supportare i territori di produzione del cibo di qualità, arrivano i distretti del cibo. «Vogliamo dare strumenti nuovi di promozione e programmazione territoriale – sottolinea il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina – che guarda soprattutto alle aree interne e ai piccoli comuni, che possono formare distretti, aggregarsi e essere più forti».

Una buona premessa al 2018, proclamato “Anno nazionale del cibo italiano nel mondo” su iniziativa dei ministri Martina e Franceschini. «Il cibo italiano – ha detto il ministro dei Beni Culturali e del Turismo Dario Franceschini – è un pezzo profondo del nostro Dna. Nella mia città, Ferrara, il Castello Estense è importante quanto la Salama di Sugo. E nel passaggio tra cappelletto e tortellino ci sono migliaia di varianti in ogni comune che sono identità culturali locali. Il 2018 Anno nazionale del cibo vuole raccontare tutto questo». L’Anno nazionale del cibo per il ministro Martina, «è una partita che ci giochiamo all’insegna della modernità su una questione che è politica per il Paese. Dobbiamo lavorare sulle tre A: Agroalimentare, Ambiente, Alimentazione; ciò significa stare nella globalizzazione senza omologazione» ha precisato il ministro. Se il futuro si gioca nell’intreccio virtuoso tra Agricoltura, Alimentazione e Ambiente, Treccani Gusto, progetto editoriale frutto di un accordo tra l’enciclopedia con la Fondazione Qualivita, vuole promuovere la cultura del cibo italiano nel mondo. Per l’europarlamentare Paolo De Castro, «è un segmento economico certificato con delle norme volute dall’Europa. Fuori dal mercato Ue siamo nudi; fondamentale è perciò la legittimazione culturale delle Dop e Igp che ci dà la forza per vincere una battaglia di identità che è anche economica».

Articolo tratto da LaSicilia.it